LA TUTELA LEGALE PREVISTA DAL DECRRETO 122/2005 (Tutela per gli acquirenti di immobili da costruire)

Come noto, il D.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, recante “Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210”è un provvedimento non semplice, ricchissimo di contenuti che non si è limitato a prevedere un intervento di carattere generico, ovvero delle mere sanzioni nei confronti di comportamenti non virtuosi, ma ha posto delle ben precise garanzie a tutela dell’acquirente e a carico di chi vende i suddetti immobili, oltre che più in generale numerose norme di comportamento, volte ad impedire che nell’eventualità di una situazione di crisi (fallimento, pignoramento o altro: art. 1, primo comma, lettera c) dell’impresa venditrice, sfumino non solo l’acquisto da effettuare, ma anche la possibilità di riottenere le somme ed i soldi anticipatamente versati.

Diversi e numerosi sono i soggetti e le categorie dunque interessate, in quanto la nuova disciplina si è rivolta, oltre che agli imprenditori edili ed ai soggetti venditori, ai tecnici, ed a professionisti quali notai, avvocati, commercialisti, ragionieri, geometri e più in generale i legali ed i consulenti operanti in tali ambiti.

Ma vediamo in concreto, ed in estrema sintesi, le principali novità introdotte dal decreto: in particolare quando e come si applichino le nuove norme e quali siano le principali garanzie concesse.

I soggetti cui si applica la nuova disciplina

Il decreto non si applica in modo generalizzato a tutte le operazioni immobiliari, ma solo a quelle negoziazioni di edifici ove venditore (denominato dalla legge “costruttore”) sia un soggetto che vende un immobile, costruito da lui medesimo o da altri (art. 1, primo comma, lettera b). Dunque la legge si applica non solo per gli acquisti fatti da chi, sia essa persona fisica o società, svolga in prima persona attività di costruzione, ma anche a chi venda un immobile costruito da terzi.

La legge qualifica invece come “acquirente” una persona fisica che acquisti un immobile o che, pur non essendone socio, abbia assunto obbligazioni con una cooperativa edilizia per ottenere l’assegnazione di un immobile (art. 1, primo comma, lettera a). Sono escluse pertanto dalla protezione accordata dalla legge gli acquirenti che non siano persone fisiche, quali società, associazioni, fondazioni e altri enti, anche pubblici; mentre invece vi sembrano rientrare quelle persone fisiche che compiano l’acquisto pur nell’esercizio della loro attività di impresa o professionale.
Gli immobili da costruire secondo la nuova legge

E’ importante comprendere allora quale siano le tipologie di immobili per i quali scattano gli obblighi. Per la legge “gli immobili da costruire” sono quelli per i quali il permesso di costruire o altro titolo abilitativo alla costruzione sia stato richiesto successivamente alla data di entrata in vigore della legge (21 luglio 2005), e per i quali la costruzione non sia stata ancora ultimata, versando in tale stadio da non potersi ancora richiedere l’agibilità (art. 1, primo comma, lettera d). Il che comporta, da un lato, che la legge non si applichi agli interventi edilizi già in corso a quella data; dall’altro che, per talune specifiche situazioni, il decreto concerna anche immobili già ultimati.

Non è poi rilevante la qualità della costruzione, ossia se sia abitazione, uso ufficio, capannone o altro, in quanto la legge sul punto non compie alcuna distinzione e pertanto si applica indistintamente a tutte le tipologie.

Le negoziazioni interessate e gli obblighi di  forma del contratto preliminare

La legge trova attuazione nei confronti di quasi tutti i tipi di contrattazione immobiliare, e pertanto oltre che nei riguardi delle compravendite, permute, divisioni, assegnazioni da società cooperative, anche ed in particolare relativamente ai vari accordi antecedenti all’acquisto ed al trasferimento di proprietà vero e proprio, quali contratti preliminari, compromessi, leasing, promesse unilaterali, dazioni anticipate di somme e di caparre, (artt. 1, primo comma, lettera a) e 2, primo comma).

Proprio in relazione ai contratti preliminari, la legge disciplina in maniera minuziosa ed analitica il contenuto degli stessi (art. 6), onde evitare il rischio di eccessiva genericità, se non addirittura ambiguità, cui gli stessi non di rado conducono.

Le principali garanzie accordate: la fideiussione per le somme versate

La legge (art. 2 e 3) prevede quindi che in sede di stipula del contratto preliminare, o comunque di qualsiasi contratto o accordo mediante il quale, a fronte delle obbligazioni assunte e delle somme anticipate o da versare, l’acquirente non acquisti da subito la proprietà del nuovo immobile in corso di costruzione, il venditore debba rilasciare un’apposita fideiussione (bancaria o assicurativa) che garantisca tutte le somme consegnate o ancora da consegnare prima dell’atto definitivo di compravendita (coincidente dunque con il rogito notarile) e fino a tale momento.

 

La suddetta fideiussione costituisce in qualche misura il cuore dell’intervento svolto dal legislatore: lo dimostra il fatto che il suo mancato rilascio legittima l’acquirente a dichiarare “nullo” il contratto, con conseguente richiesta di restituzione dei soldi già pagati, oltre che degli eventuali danni.

E’ sorto il dubbio se sia possibile una forma di garanzia alternativa alla fideiussione.

Il dubbio potrebbe sorgere perché:

  • la legge delega parla genericamente di “tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili…” (art. 1 comma 1);
  • l’art. 3 lettera c) parla genericamente di “equa ed adeguata tutela dei diritti dell’acquirente…”.

Ma la stessa legge delega all’art. 3 lettera c) richiede che i decreti legislativi prevedano “l’obbligo del costruttore di procurare il rilascio e di provvedere alla consegna…” della fideiussione; il decreto, poi, all’art. 2 comma 1, con terminologia “imperativa” prevede che “il costruttore è obbligato… a procurare il rilascio e a consegnare all’acquirente una fideiussione” e sanziona con la nullità (relativa) del contratto la mancata prestazione della garanzia fideiussoria.

Non mi sembra dubbio che la fideiussione, come confermato dalla relazione illustrativa, debba essere prestata senza possibili alternative; il che, naturalmente, non esclude la possibilità che le parti prevedano ulteriori diverse garanzie.

Va rilevato, però, che meglio sarebbe stato prevedere forme alternative di garanzia: dal deposito di somme ad un soggetto (anche il notaio) alla istituzione di un trust avente per scopo il pagamento della somma prevista dalla legge nei casi di crisi dell’impresa.

La fideiussione consente al costruttore di disporre del denaro ricevuto dall’acquirente (ma le banche concedono le fideiussioni solo se il garantito ha disponibilità patrimoniali sufficienti) mentre ciò non sarebbe possibile con il deposito fiduciario delle somme, a meno che esso venga fatto presso la banca che presta la fideiussione, non si può ignorare che la garanzia fideiussoria può essere di fatto di difficile ottenimento.

Può, da un lato, eliminare dal mercato le imprese meno “affidabili”; dall’altro lato eliminare dal mercato imprese “affidabili” ma prive delle risorse finanziarie che consentono l’ottenimento di una fideiussione.

Il prevedere un’alternativa avrebbe introdotto una soluzione meno rigida e tale da offrire alle parti una possibilità di scelta.

E’ stata avanzata l’ipotesi di un contratto preliminare sottoposto alla condizione sospensiva del rilascio della fideiussione: una simile soluzione mi sembra estremamente rischiosa per l’acquirente (ma favorevole per il venditore) che versi somme al costruttore alla sottoscrizione del preliminare.

La somma versata potrebbe essere di difficile recupero al mancato verificarsi della condizione o alla dichiarazione di nullità del contratto.

Si potrebbe, contestualmente alla stipula del contratto preliminare sottoposto alla condizione sospensiva del rilascio della fideiussione, depositare fiduciariamente la somma (ad esempio al notaio) con l’incarico di versarla al costruttore non appena prestata la fideiussione.

 

Un’ulteriore garanzia: l’assicurazione dell’immobile

Altra importante novità è costituita dall’obbligo gravante sul costruttore o sul venditore di immobili in costruzione di rilasciare all’acquirente una polizza assicurativa che, per almeno dieci anni, tenga indenne l’acquirente dai danni derivanti da rovina totale o parziale dell’edificio o da gravi difetti costruttivi delle opere (art. 4).

Le ulteriori novità in tema di frazionamento, diritto di prelazione e fallimento

Infine, la legge completa il rafforzamento della tutela dell’acquirente, estendendo anche al promissario acquirente il diritto al frazionamento del mutuo e dell’ipoteca gravante sull’immobile in costruzione, ed il correlativo divieto di procedere alla vendita prima della suddivisione in quote del finanziamento e frazionamento o della cancellazione dell’ipoteca o del pignoramento, ove non accollati (artt. 7 e 8).

Vengono inoltre compiute alcune modifiche in tema di legge fallimentare, in materia di esenzioni e limiti all’azione revocatoria e onde rendere più agevoli e certe le decisioni in ordine agli immobili coinvolti (artt. 10 e 11). A riguardo, si rendono necessarie alcune precisazioni

  1. IL FALLIMENTO DEL COSTRUTTORE E LA SCELTA DEL CURATORE TRA SCIOGLIMENTO ED ESCUZIONE DEL CONTRATTO.

In caso di fallimento del venditore, se il bene venduto non è ancora passato in proprietà al compratore al momento della dichiarazione di fallimento, l’art. 72 della legge fallimentare attribuisce al curatore la scelta tra l’esecuzione e lo scioglimento del contratto.

La norma è stata dettata con riferimento alla compravendita ma si applica, secondo l’orientamento prevalente di dottrina e giurisprudenza, anche a tutti gli altri contratti ad effetti reali differiti.

Con particolare riferimento al contratto preliminare di compravendita, l’art. 72 ribadisce la facoltà del curatore di scegliere tra l’esecuzione e lo scioglimento del contratto ma prevede, in aggiunta a favore del promissario acquirente, il privilegio (art. 2775 bis c.c.).

In caso di fallimento del costruttore, infatti, la possibilità di conseguire la proprietà dell’immobile, per il promissario acquirente e per colui che abbia acquistato in forza di una vendita di cosa futura, resta subordinata alle scelte del curatore fallimentare.

Le Sezioni Unite della Cassazione, peraltro, hanno affermato l’impossibilità, per il curatore fallimentare, di avvalersi del potere di scioglimento in presenza di una domanda diretta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto preliminare, qualora questa sia stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento.

Non essendo stato modificato il testo dell’art. 72 l. fall, resta quindi ferma la disciplina secondo la quale, in caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata in proprietà, il contratto non si scioglie.

Diversamente, ossia qualora il passaggio della proprietà non si sia ancora verificato, il curatore può scegliere tra l’esecuzione del contratto o il suo scioglimento. Nel secondo caso, l’acquirente ha il semplice diritto di insinuazione al passivo fallimentare.

L’art. 11 del decreto prevede, tuttavia, l’introduzione dell’art. 72 bis nella legge fallimentare, per cui, in caso di situazione di crisi del costruttore, il contratto si intende senz’altro sciolto se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l’acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso, la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore abbia comunicato di voler dare esecuzione al contratto.

La norma di nuova introduzione completa la disciplina, prevista dall’art. 72 e ss. l. fall., relativa alla sorte dei rapporti giuridici non ancora esauriti, coordinando, altresì, il momento di escussione della fideiussione con l’avvio delle procedure concorsuali.

L’art. 72-bis l. fall. consente dunque all’acquirente di escutere immediatamente la fideiussione (dandone comunicazione al curatore), circostanza che comporta l’immediato scioglimento del contratto. Ciò deve avvenire, tuttavia, prima che il curatore comunichi la propria scelta tra esecuzione e scioglimento. La scelta del curatore nel senso dell’esecuzione impedirà di escutere la fideiussione; al contrario, in caso di scioglimento, l’escussione resterà possibile.

Resta il dubbio sulle conseguenze di una mancata o tardiva comunicazione al curatore dell’avvenuta escussione da parte dell’acquirente.

Qualora l’effetto traslativo si sia verificato l’art. 72-bis l. fall. non troverà, naturalmente, applicazione (anche perché sarà venuta meno l’efficacia della fideiussione ex art. 3, ultimo comma).

  1. LIMITI ED ESENZIONI ALLA REVOCATORIA FALLIMENTARE

Come è noto, il pregiudizio che costituisce presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria è rappresentato secondo l’opinione prevalente dal pericolo della sottrazione di beni alla garanzia patrimoniale dei creditori.

Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale il pregiudizio si sostanzia nella lesione del pari trattamento dei creditori che si verifica quando si sottrae un bene alla massa dei creditori per farne oggetto di disposizione a favore a favore di un particolare soggetto.

In questo panorama si inserisce l’art. 10 del decreto in esame che ha introdotto una profonda novità in tema di azione revocatoria fallimentare.

Si escludono, infatti, dall’ambito di applicabilità della revocatoria fallimentare, “gli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili da costruire nei quali l’acquirente si impegni a stabilire, entro dodici mesi dall’acquisto o dall’ultimazione degli stessi, la residenza propria o di suoi parenti o affini entro il terzo grado, se posti in essere al giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare”.

Non sono revocabili, inoltre, i pagamenti dei premi e commissioni relativi ai contratti di assicurazione e fideiussione di cui agli articoli 3 e 4, qualora effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso.

Non si può fare a meno di osservare come l’ambito di applicazione dell’esenzione dalla revocatoria non coincida con il resto delle misure di tutela previsti a favore degli acquirenti degli “immobili da costruire” nel decreto legislativo. in esame.

Ai sensi dell’art. 1, infatti, sono ammessi a godere della garanzia fideiussoria, dell’assicurazione obbligatoria e del diritto di prelazione coloro che acquistino un immobile per sé o per un parente in primo grado, mentre l’ambito di tutela offerto dall’art. 10 comprende gli acquisti effettuati per parenti o affini fino al terzo grado.

I presupposti dell’esclusione dalla revocatoria sono delineati in maniera tale da tutelare in modo più incisivo gli interessi di coloro che abbiano acquistato un immobile da costruire, allo scopo di procurare a sé o ai propri familiari o affini l’abitazione principale.

Deve sussistere, inoltre, un ulteriore requisito, e cioè che l’immobile sia stato acquistato “al giusto prezzo”, in modo tale da evitare che della norma possa farsi un uso strumentale, a danno della par condicio creditorum.

Nel riformulare il testo dell’art. 67 l. fall., oltre a dimezzare i c.d. “periodi sospetti”, si esclude l’assoggettamento alla revocatoria per varie ipotesi, tra le quali figurano “le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado” (art. 67, comma terzo, lett. c), l. fall.).

Occorre, a questo punto, individuare i profili di differenza tra le due norme.

In primo luogo la norma di cui al decreto legislativo opera solo con riguardo agli “immobili da costruire” , mentre la disposizione della legge fallimentare trova applicazione generalizzata.

In secondo luogo, l’art. 10 del decreto legislativo si riferisce agli “atti a titolo oneroso che hanno per effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale”, mentre l’art. 67 contempla unicamente le “vendite”. La ratio di tutela dell’acquirente di un immobile da adibire a casa di abitazione, che ispira inequivocabilmente entrambe le norme, potrebbe condurre ad un’interpretazione estensiva dell’art. 67 l. fall.

Se non si sono prodotti gli effetti traslativi – come nel caso del contratto preliminare.- la tutela della posizione dell’acquirente che abbia già eseguito in tutto o in parte le obbligazioni a proprio carico avverrà attraverso altri strumenti.

Analogo discorso deve farsi per la vendita con riserva di proprietà, qualora non sia stato ultimato il pagamento del prezzo.

Per quanto riguarda la vendita di cosa futura (o la permuta di bene presente con bene futuro), poiché l’effetto traslativo si verifica nel momento in cui il bene viene ad esistenza, l’acquisto del bene potrà dirsi “sicuro” per l’acquirente (e dunque esente da revocatoria) solo qualora sia avvenuto il passaggio della proprietà; in caso contrario, troveranno applicazione le norme di cui agli artt. 72 e 72-bis della legge fallimentare.

È pertanto possibile ed auspicabile che il criterio di cui all’art. 10 possa essere adottato, in sede interpretativa, anche ai fini dell’applicazione dell’art. 67 l. fall., terzo comma, lett. c), al fine di esentare dalla revocatoria gli acquisti di immobili ad uso abitativo, in ragione della sussistenza di presupposti analoghi (difetto di informazione dell’acquirente, debolezza contrattuale, difficoltà di rilevare l’approssimarsi dello stato di insolvenza, etc.) a quelli sottesi alla normativa sulla tutela dell’acquirente.

 

 

TIPO DI ATTO APPLICAZIONE / ESENZIONE REVOCATORIA
Atto posto in essere al giusto prezzo, compiuto nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento Soggetto a revocatoria se, nei dodici mesi successivi, non viene ivi trasferita la residenza effettiva dell’acquirente o dei suoi familiari.
Atto posto in essere al giusto prezzo compiuto anteriormente La revocatoria non opera in alcun caso, a prescindere dal trasferimento della residenza
Il corrispettivo pagato dall’acquirente è inferiore di oltre un quarto rispetto al valore di mercato dell’immobile da costruire La revocatoria opera a prescindere dal trasferimento dal trasferimento della residenza.

 

Resta da verificare quali siano le conseguenze della mancanza di taluni requisiti previsti al fine di beneficiare dell’esenzione dalla revocatoria.

Naturalmente il beneficio non opera in caso di dichiarazioni mendaci.

Per quanto concerne l’omissione dell’impegno, in atto, a fissare la residenza nell’immobile, sarà probabilmente preclusa l’applicazione dell’art. 10 , ma, qualora l’immobile sia stato effettivamente adibito ad abitazione principale da parte di uno dei soggetti contemplati nelle due norme, pare ragionevole sostenere che trovi applicazione l’art. 67, terzo comma, lett. c) della legge fallimentare.

Tuttavia, se l’immobile non è ancora abitabile, essendo preclusa la possibilità di un accertamento di fatto della destinazione ad abitazione principale, la mancanza dell’impegno in atto sembrerebbe impedire l’esenzione dalla revocatoria.

Salvo, forse, ammettere la possibilità di desumere diversamente l’intenzione di destinare l’immobile ad abitazione principale, ricorrendo ad indici presuntivi quali l’inesistenza di immobili di proprietà nell’intero nucleo familiare e la residenza dello stesso nel medesimo comune in cui si trova l’immobile, l’aver usufruito delle detrazioni ex art. 15 T.U.I.R.

Qualora non sussista il requisito relativo alla destinazione, ma l’immobile sia stato acquistato al “giusto prezzo”, opererà il secondo comma dell’art. 67 l. fall.: l’atto, cioè, sarà revocabile se posto in essere nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.

Si rileva, comunque, come non risulti chiaro attraverso quali criteri possa giungersi a verificare la sussistenza del “giusto prezzo”.

Il codice civile fa riferimento al “giusto prezzo”, relativamente alla mancanza nella vendita di una indicazione espressa del prezzo. I criteri ermeneutici integrativi sono quelli del prezzo abituale, qualora il contratto abbia per oggetto cose che il venditore vende abitualmente, ed il prezzo di borsa o di mercato.

Dunque dovrà aversi riguardo al prezzo abitualmente praticato o a quello di mercato, a sua volta criterio di difficile determinazione; ma, una volta individuato tale parametro, non è agevole chiarire entro quali limiti sia consentito discostarsene, senza che ciò comporti la perdita di tale requisito.

La giurisprudenza, nel tentare di delineare la sproporzione delle prestazioni ai fini dell’applicazione dell’art, 67, primo comma, n. 1) (testo previgente) della l. fall., fa riferimento in genere al valore di mercato, giungendo a qualificare “notevole” la sproporzione quando essa eccede quel margine di elasticità e di alea proprio dei contratti commutativi, in relazione alle circostanze, al luogo e al tempo in cui il contratto viene concluso.

A seguito della modifica dell’art. 67 l. fall., qualora la sproporzione tra le prestazioni sia superiore ad un quarto, troverà applicazione il primo comma, ipotesi nella quale il “periodo sospetto” è di un anno.

 

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